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Elaborazione grafica di un’incisione di Antonio Giuseppe Rezzonico del 1763.

 

PLINIO IL VECCHIO E I CAMPI FLEGREI: UN LEGAME TRA SCIENZA, STORIA E TRAGEDIA

I Campi Flegrei, vasta area vulcanica situata a ovest di Napoli, hanno da sempre affascinato e intimorito le popolazioni che vi hanno vissuto. Questa terra di fuoco, costellata di crateri, fumarole e sorgenti termali, fu un luogo di grande interesse scientifico e storico per Gaio Plinio Secondo, meglio noto come Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C.), celebre naturalista, scrittore e comandante della flotta romana di stanza a Miseno.

Plinio il Vecchio, figura poliedrica e insaziabile di conoscenza, dedicò gran parte della sua vita all'osservazione e alla catalogazione dei fenomeni naturali. La sua monumentale opera, la Naturalis Historia, in 37 libri, rappresenta una delle più vaste raccolte di sapere del mondo antico, spaziando dall'astronomia alla botanica, dalla zoologia alla mineralogia, fino alla geografia e all'antropologia.
Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio, non fu solamente un insigne naturalista e scrittore, ma ebbe anche una significativa carriera militare e amministrativa al servizio dell'Impero Romano.

I Campi Flegrei, con la loro intensa attività vulcanica e i fenomeni ad essa connessi, non potevano sfuggire all'attenzione di uno studioso così curioso e meticoloso. Plinio visitò sicuramente la regione, attratto dalla sua unicità geologica e dalle sue manifestazioni spettacolari. Egli descrisse con dovizia di particolari le sorgenti termali, note fin dall'antichità per le loro proprietà terapeutiche, le fumarole che rilasciavano vapori sulfurei, e forse anche i fenomeni di bradisismo, le lente variazioni del livello del suolo caratteristiche dell'area.

La regione flegrea, per i Romani, non era solo un luogo di meraviglie naturali, ma anche un'area di grande importanza strategica ed economica. Il porto di Puteoli (l'attuale Pozzuoli) era uno dei più importanti scali commerciali del Mediterraneo, e la presenza di risorse naturali come la pozzolana, un tipo di cenere vulcanica con eccezionali proprietà leganti, rendeva la zona fondamentale per le costruzioni. Plinio stesso nella sua Naturalis Historia menziona le straordinarie qualità di questa "polvere" proveniente da Puteoli, capace di far solidificare le malte anche sott'acqua.
Plinio il Vecchio è stato anche comandante militare e governatore di una provincia romana. In particolare capo della flotta romana stanziata a Miseno.

Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio, non fu solamente un insigne naturalista e scrittore, ma ebbe anche una significativa carriera militare e amministrativa al servizio dell'Impero Romano.
La sua nomina a prefetto della flotta romana stanziata a Miseno è un aspetto cruciale della sua biografia e lo lega in modo ancora più diretto alla regione dei Campi Flegrei. Miseno, situata proprio all'estremità occidentale del golfo di Napoli, era una delle due basi navali più importanti dell'Impero Romano (l'altra era Classe, vicino Ravenna).

Essere a capo della flotta di Miseno conferiva a Plinio il Vecchio un ruolo di grande responsabilità strategica e militare in un'area di cruciale importanza per i traffici commerciali e la difesa costiera del Mediterraneo occidentale. La sua presenza a Miseno lo rese un osservatore privilegiato dei fenomeni naturali che caratterizzavano la regione flegrea e il vicino Vesuvio.

Oltre al comando della flotta di Miseno, Plinio il Vecchio ricoprì anche incarichi di governatore in diverse province romane. Sebbene le fonti non forniscano dettagli esaustivi su tutte le province che amministrò, sappiamo che fu procuratore (un alto funzionario imperiale con compiti amministrativi e spesso anche finanziari) in diverse regioni, tra cui la Gallia Belgica e forse anche la Spagna Tarraconense. Queste esperienze amministrative contribuirono ad ampliare la sua conoscenza del mondo e delle sue diverse realtà naturali e culturali, arricchendo ulteriormente la sua opera enciclopedica, la Naturalis Historia.

Tuttavia, il legame tra Plinio il Vecchio e i Campi Flegrei è indissolubilmente segnato da un evento tragico che ebbe ripercussioni su tutta la regione circostante: l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In quel fatidico agosto, Plinio si trovava a Miseno, al comando della flotta. L'improvvisa e violenta eruzione del vulcano, che oscurò il cielo e seppellì sotto una coltre di cenere e lapilli le fiorenti città di Pompei ed Ercolano, non lo lasciò indifferente. Spinto dalla sua sete di conoscenza e dal desiderio di portare soccorso alle popolazioni in pericolo, Plinio salpò con alcune navi verso la zona dell'eruzione.

Le testimonianze dell'epoca, in particolare le lettere del nipote Plinio il Giovane a Tacito, descrivono il coraggio e la determinazione di Plinio il Vecchio, ma anche la sua tragica fine. Avvicinatosi troppo alla zona interessata dai fenomeni vulcanici, Plinio fu sopraffatto dai gas tossici e dalle ceneri, morendo sulla spiaggia di Stabia (l'attuale Castellammare di Stabia).

La morte di Plinio il Vecchio, avvenuta durante un tentativo di comprendere e affrontare un evento naturale catastrofico, lo ha reso un simbolo della dedizione alla scienza e del coraggio di fronte all'ignoto. Il suo sacrificio è strettamente legato al territorio dei Campi Flegrei e del Vesuvio, un'area di straordinaria bellezza e potenza geologica che continua ancora oggi a suscitare fascino e rispetto.

In conclusione, Plinio il Vecchio e i Campi Flegrei rappresentano un intreccio significativo tra la curiosità scientifica del mondo antico, la ricchezza storica e naturale di un territorio unico, e la forza ineluttabile della natura, capace di generare sia meraviglia che distruzione. La sua figura rimane un monito e un esempio per la sua instancabile ricerca della conoscenza, anche a costo della vita.

Quindi, è fondamentale ricordare che Plinio il Vecchio fu una figura complessa e poliedrica: un uomo di azione, un comandante militare e un amministratore esperto, la cui passione per la conoscenza e l'osservazione del mondo naturale lo portò a lasciare un'eredità intellettuale di inestimabile valore. Il suo ruolo di capo della flotta di Miseno lo pose direttamente nel cuore della regione flegrea, rendendolo testimone e vittima della potenza del Vesuvio.

 

 

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"Per fare chiarezza sul mitico antro, sull'ubicazione del detto tempio e forse svelare aspetti ignoti sulla figura della Sibilla Cumana".

 

 

 

 

 

 

 

 

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